L’emoglobina, presente all’interno dei globuli rossi, è la proteina che trasporta l’ossigeno dai polmoni a tutto il corpo. Il glucosio che circola nel sangue si può legare all’emoglobina dei globuli rossi formando così molecole di emoglobina glicata, o glicosilata, dandoci così la possibilità di calcolarne la quantità in un largo lasso temporale. Per questo l’emoglobina glicata può darci la conta di una media dei valori glicemici degli ultimi due mesi.
Dagli anni ‘90 il target di buon compenso metabolico è definito dalla emoglobina glicata (HbA1C) pari o inferiore al 7% (53 mmol/L).
Questo dato però può essere ingannevole: infatti si può ottenere una emoglobina di 6,5% (quindi teoricamente molto buona) con glicemia che oscillano tra 80 e 140 mg/ dL (buono), ma anche con glicemia che variano tra 50 e 250 mg/dL (non buono), ed è evidente che il compenso metabolico è molto diverso!
Quindi l’emoglobina glicata esprime la media dei valori glicemici degli ultimi due mesi, ma non tiene conto della variabilità glicemica, che è un indicatore di peggiore prognosi.
Per questo il valore della emoglobina glicata come target del compenso metabolico delle persone con diabete, va modulato in base alla specifica situazione clinica del paziente.
L’obiettivo prioritario nel diabete oggi è fare diagnosi precoce e mantenere una emoglobina glicata minore di 7% fin dalla diagnosi e il più a lungo possibile, evitando che aumenti.
La terapia e gli obiettivi terapeutici vanno però personalizzati e adattati alle condizioni cliniche del paziente, tenendo conto della durata di malattia, dell’età, della presenza di comorbidità o di complicanze micro e macro-vascolari del diabete, della presenza di ipoglicemie evidenti e soprattutto inavvertite.
Esistono infatti una molteplicità di scenari clinici che vanno affrontati adattando i target glicemici e di emoglobina glicata, come ad esempio:
Paziente giovane diabetico tipo 1 (HbA1c<7%);
Diabetico tipo 2 <65 anni (HbA1c<7%);
Diabetico tipo 2 di età > di 65 anni, con lunga storia di malattia e con comorbilità (HbA1c<8%);
Pazienti anziani con età > di 75 anni o fragili, con morbilità coesistenti e per presenza di complicanze cardiovascolari (HbA1c<,5-8,5%);
Pazienti con insufficienza cronica (HbA1c<7,5-8,5%);
Pazienti oncologicii con diabete di tipo 2 ai quali spesso viene somministrata terapia con corticosteroidi, vanno trattati anche con insulina tenendo conto in maniera meno stringente della HbA1c;
Pazienti terminali (oncologici e non), il controllo va orientato soltanto nella gestione dei sintomi da iper o ipoglicemia;
Pazienti ospedalizzati. L’HbA1c è utile per valutare il compenso pre ricovero. Nel paziente critico ciò che è prioritario è mantenere le glicemie non inferiori a 110 mg/dL(non sicure) e non superiori a 180 mg/dL (non accettabili).
Quindi riassumendo: l’emoglobina glicata è un parametro molto importante per gestione del diabete, validato da evidenze scientifiche, anche se, prevalendo le logiche di complessità in medicina, occorrerà modellare la strategia terapeutica in relazione alle differenti situazioni cliniche.
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